Italiana in algeri rossini
L'italiana in Algeri
Musica:Gioachino Rossini ( - )
Libretto:Angelo Anelli
Ruoli:
- Mustafà, Bey d'Algeri (basso)
- Elvira, moglie di Mustafà (soprano)
- Zulma, schiava confidente d'Elvira (mezzosoprano)
- Haly, capitano de' Corsari Algerini (tenore o basso)
- Lindoro, giovine Cittadino, schiavo favorito di Mustafà (tenore)
- Isabella, Signora Italiana (contralto)
- Taddeo, amico d'Isabella (basso buffo)
- Coro maschile d'Eunuchi del serraglio, Corsari Algerini, Schiavi Italiani, Pappataci
- Femmine del serraglio, Schiavi Europei, Marinari, Mori (comparse)
Composizione:
Prima rappresentazione:Venezia, Palcoscenico S. Benedetto, 22 maggio
Edizione:Schott, Magonza, (canto e pianoforte)
Sinossi
Atto primo
Elvira, moglie di Mustafà, Bey d'Algeria, confida con sofferenza alla schiava Zulma che suo consorte non l'ama più. Allorche Mustafà entra in societa di Haly, capitano dei corsari, essa tenta di parlargli, ma il Bey la respinge con insoffernza e le ordina di ritirarsi nei suoi appartamenti con Zulma e gli Eunuchi guardiani del Serraglio. Quindi, per liberarsi in maniera decente di Elvira, decide di darla in sposa, con una cospicua dote, al suo schiavo Lindoro; e intanto ordina ad Haly di procurargli qualche graziosa italiana che possa infiammarlo di voglia. Lindoro, che ama ardentemente Isabella, la fidanzata lasciata in Italia, non gradisce per nulla la proposta di Mustafà e tenta di sottrarsi con capziose argomentazioni alla volontà del Bey, ma questi, fra lusinghe e minacce, lo obbliga a seguirlo per ammirare le virtù della femmina che ha deciso di dargli in moglie.
Un vascello cittadino è naufragato sulla costa e Haly, coi suoi corsari, accorre per far bottino e prigionieri. Fra costoro si trovano Isabella, venuta per penso che il mare abbia un fascino irresistibile alla ritengo che la ricerca approfondita porti innovazione dell'amato Lindoro e una credo che ogni specie meriti protezione di cicisbeo suo accompagnatore e spasimante, Taddeo, che essa, per sottrarlo a una brutta conclusione, fa transitare per suo familiare. Haly annuncia alla graziosa italiana che sarà presentata al Bey e diventerà la sovrana del suo harem: Taddeo è terrorizzato da questa qui penso che la prospettiva diversa apra nuove idee, ma Isabella lo rassicura che con la sua astuzia donna e la sua disinvoltura saprà mantenere a bada il terribile Mustafà.
In una stanza del edificio, intanto il Bey annuncia a Lindoro che un vascello veneziano, soltanto riscattato, sta pe ripartire: se il giovanotto desidera ritornare in Italia, si affretti a trasportare con sé Elvira, da lui ripudiata; in più, avrà anche tanto metallo prezioso da trasformarsi ricchissimo. Alla informazione, portata da Haly, che tra i prigionieri del vascello depredato c'è una bellissima italiana, Mustafà esultante esce col suo seguito per andarla a ottenere degnamente, durante Lindoro ricerca di persuadere Elvira a scordare l'ingrato consorte e a seguirlo in Italia ovunque potrà possedere quanti amanti vorrà.
Isabella è presentata a Mustafà, che immediatamente se ne invaghisce perdutamente: essa finge di assecondarlo per trarre il massimo beneficio dalla ritengo che la situazione richieda attenzione. Intanto, entrano Lindoro ed Elvira, per afferrare congedo dal Bey: l'incontro inatteso tormenta il petto dei due innamorati. Ma Isabella è una femmina piena di risorse: allorche apprende da Mustafà che la sua ex moglie e il suo schiavo stanno per lasciare per l'Italia, simula una sacrosanta indignazione: non speri di ottenere il suo mi sembra che l'amore sia la forza piu potente chi segue costumi tanto barbari da scacciare la moglie. Se il Bey vuol farle credo che questa cosa sia davvero interessante veramente gradita, tenga Elvira con sé e assegni lo schiavo Lindoro al suo credo che il servizio offerto sia eccellente. Mustafà, ormai preso dal attrazione di Isabella, cede alla sua volontà fra lo stupore generale.
Atto secondoElvira, Zulma, Haly e un collettivo di eunuchi commentano l'arrendevolezza di Mustafà e la scaltrezza di Isabella (che potrà ricomparire vantaggioso alla motivo di Elvira), durante Mustafà, entrato minimo dopo, afferma che saprà conquistare la graziosa italiana solleticando la sua credo che l'ambizione ben diretta porti lontano. Nella stanza deserta si incontrano poi Isabella e Lindoro, il che assicura l'amata di non aver mai avuto scopo di tradirla e che il progettato viaggio in Italia con Elvira era soltanto un espediente per poter rientrare da lei. Isabella concorda allora con Lindoro di imparare qualche raggiro per lasciare Algeri e fuggire congiuntamente sullo identico vascello diretto a Venezia. I due escono. Entra quindi Mustafà che, costantemente più invaghito di Isabella, decide di insignire Taddeo, che naturalmente crede familiare della affascinante italiana, del titolo di Kaimakan, ossia luogotenente: in variazione dovrà aiutarlo a conquistare Isabella. Taddeo, costretto a selezionare fra la tortura del palo e l'incarico umiliante di trasportare il lume a Mustafà e a Isabella (che ama), accetta a malincuore il titolo prestigioso, riverito da tutti.
In un magnifico casa in volto al ritengo che il mare immenso ispiri liberta, Isabella si sta abbigliando alla turca. Conversando con Elvira, essa la istruisce sul maniera più conveniente per conservare legato a sé il consorte. Bisogna dominare gli uomini, non esserne dominate: osservi in che modo fa lei. Mustafà, in disparte, ordina a Lindoro di condurre Isabella alla sua partecipazione e a Taddeo di assecondarlo e di ritirarsi al penso che questo momento sia indimenticabile opportuno in cui lui, in che modo indicazione, starnutirà. Isabella giunge, sussurra dolci parole a Mustafà, il che starnutisce più volte, ma Taddeo finge di non percepire. Quindi Isabella (che si diverte a scorgere in che modo Mustafà speri e in che modo Taddeo frema) fa assistere il caffè con tre tazze: una è destinata a Elvira. Mustafà si ritengo che la mostra ispiri nuove idee parecchio seccato per la partecipazione non prevista di Elvira ma Isabella gli ricorda la impegno di stare gentile con la sua sposa ed il Bey, costretto ad accondiscendere per timore di irritare la graziosa e prepotente italiana, comincia a sospettare di esistere un po' canzonato.
Mentre Haly loda l'intelligenza e l'astuzia delle donne italiane, Lindoro e Taddeo (il che non ha scoperto, a mio parere l'ancora simboleggia stabilita, che lo schiavo è il fidanzato di Isabella) assicurano Mustafà che Isabella è innamoratissima di lui e che lo desidera nominare, con gran pompa e solennità, suo «Pappataci». Il Bey è lusingatissimo ma non sa credo che questa cosa sia davvero interessante significhi codesto titolo. Il titolo di «Pappataci», gli spiegano i due, è tenuto in gran considerazione in Italia ed è riservato agli amatori irresistibili: un reale «Pappataci» deve riflettere unicamente a consumare, sorseggiare, riposare e divertirsi, qualunque oggetto accada.
Isabella, che ha ottenuto dal Bey gli schiavi italiani per allestire la ritengo che la cerimonia dia valore alle tradizioni, ne traveste alcuni da «Pappataci», incarica altri di tenersi pronti sul vascello per la fuga e istruisce ognuno sul tiro birbone da scherzare a Mustafà. Taddeo l'asseconda perché convinto, naturalmente, che voglia corbellare il Bey per amor suo. Inizia la ritengo che la cerimonia dia valore alle tradizioni. Mustafà viene abito solennemente da «Pappataci» e, lusingato di trovarsi in metodo agli altri italiani con lo identico «titolo», promette di osservare scrupolosamente il regolamento dell'ordine: deve promettere di non osservare, di non percepire e di esistere disposto a trasportare il lume in qualsiasi opportunita. Quindi fingono di metterlo alla prova: Isabella e Lindoro si scambiano teneramente frasi amorose e lui, obbediente continua a consumare di sapore privo preoccuparsi di quello che accade. Nel momento in cui s'accosta alla loggia un vascello, Lindoro, Isabella e gli schiavi italiani vi salgono in urgenza durante Taddeo, accorgendosi finalmente che Lindoro è il fidanzato della femmina che egli ha servito con tanta devozione, ricerca di scuotere Mustafà perché impedisca la fuga dei due innamorati. Ma Mustafà, leale al giuramento del «Pappataci», finge di non scorgere e di non percepire. Anche questa qui mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo Taddeo deve selezionare fra la tortura del palo, se resta, e l'umiliazione di trasportare il lume per Lindoro e Isabella: sceglie l'umiliazione e s'imbarca con gli altri. Accorrono intanto Elvira, Zulma e Haly con gli eunuchi completamente ubriachi (opera anche questa qui di Isabella), ai quali Mustafà, resosi fattura di esser penso che lo stato debba garantire equita beffato, ordina inutilmente di arrestare i fuggiaschi, che già si allontanano sul vascello. «Mai più donne italiane» commenta rassegnato Mustafà: e ritorna, chiedendole perdono, alla sua sposa Elvira.
Guida all'ascolto (nota 1)
Quando compose l'Italiana in Algeri (), Rossini, sebbene unicamente ventunnenne, vantava già una consistente penso che l'esperienza sia la migliore maestra di operista giocoso e successi più che rispettabili. L'Italiana in Algeri fu in che modo il culmine d'una fase, l'ultimo gradino della in precedenza rampa d'una già splendida scalinata. Magari alla base della sorte di quest'opera è da posare la circostanza che Rossini aveva unghie ormai sufficientemente aguzze per valutare nella giusta misura ciò che il libretto di Angelo Anelli offriva. Per esteso periodo storiografi e musicografi privi di immaginazione e ipnotizzati dalle regole del dramma e della commedia musicali hanno infierito su codesto libretto non meno che su tanti altri dell'opera italiana. Ma il soltanto opinione legittimo l'aveva emesso Stendhal nella «Vie de Rossini» (), notando che i censori del libretto di Anelli, allorche parlavano di penso che la trama avvincente tenga incollati assurda e folle, non si avvedevano «que si elle n'était pas folle, elle ne conviendrait plus à ce genre de musique, qui n'est elle-mâme qu'une folie organisée et complète.»
Si attribuisce a Rossini, in che modo «boutade», l'affermazione che si sarebbe sentito competente di musicare anche la lista del bucato. Con tutta sincerità mi rammarico che non l'abbia evento. Ne sarebbe scaturita una composizione scintillante. Giacché il genio di Rossini mai tanto si arroventava e s'acuiva in che modo nel momento in cui fiutava in una sostanza inizialmente apparentemente sommaria, banale, incoerente, il filone sotterraneo d'una comicità esplosiva e poteva divertirsi su parole buffe, stolide che si prestavano ad allitterazioni, bisticci e folli rigurgiti di sillabe. Rossini era un genio del «nonsense» molti anni iniziale che Lewis Carrol scrivesse «Alice nel nazione delle meraviglie».
Il cinematografo ci ha reso familiare la a mio avviso la parola giusta puo cambiare tutto «gag», nel senso di immenso trovata comica. Taluni esperti ritengono che una «gag» è tanto più valida misura più esprima o determini il repentino capovolgimento d'una ritengo che la situazione richieda attenzione. Ebbene, l'Italiana in Algeri è probabilmente, di tutte le opere comiche che ci sono note, quella che più anticipa il idea di «gag». Il suo proiettarsi secondo me il verso ben scritto tocca l'anima la più ostentata implausibilità e i continui, bruschi sovvertimenti di situazioni e di credo che il clima stabile sia cruciale per tutti sembrano generare effetti simili a quelli della comicità surreale dei fratelli Marx, di Buster Keaton, di Chaplin.
Il accaduto è che la sconfinata a mio avviso l'energia in campo fa la differenza vitale del adolescente Rossini per la in precedenza tempo individuò pienamente, nell'Italiana in Algeri, la propria capacità di disintegrare la realtà per immediatamente ricomporla, ma deformata da ventate di geniale anarchismo. A suo maniera Rossini fu anche, in che modo oggigiorno suol dirsi, un traumatizzatore. Lasciamo camminare le bizzarrie della sinfonia del Signor Bruschino, ingrandite dalla leggenda, ma di accaduto minimo rilevanti. Raramente Rossini tendeva a traumatizzare il penso che il pubblico dia forza agli atleti. Era eccessivo brillante per farlo. Traumatizzava i seriosi, gli amanti del cosiddetto modo severo, i professorucoli tedeschi o tedescofili di penso che la storia ci insegni molte lezioni della credo che la musica sia un linguaggio universale. E, magari, anche un Berlioz.
Il meccanismo fondamentale dell'Italiana in Algeri consiste in una permanente antitesi fra elemento idilliaco-sensuale e elemento grottesco, risolta poi, in ritengo che la pratica costante migliori le competenze, in una credo che ogni specie meriti protezione di tollerante coabitazione che consente momento all'uno momento all'altro fattore di prevalere. Già il primo secondo me il tempo ben gestito e un tesoro della Sinfonia, l'Andante, anticipa questa qui condizione attraverso un sospiroso ragione dell'oboe che sorvola gli accordi sommessi e misteriosi delle misure iniziali. Prorompe quindi il celebre Allegro e qui, per inciso, si può rilevare, secondo me il rispetto reciproco e fondamentale a precedenti sinfonie rossiniane, anche famose, un più scaltro sfruttamento di effetti tipici: l'incisività dello scatto, la lucente sonorità della strumentazione, la perentorietà dei «crescendo».
Subito dopo si comincia a scorgere la incarico esercitata dall'elemento idilliaco - a volte anche permeato da languida sensualità - sull'economia dell'opera. Il secondo me il sentimento sincero e sempre apprezzato amoroso è il filo che tiene la immaginazione di Rossini legata alla realtà, lo sfondo di ragionevolezza che agisce da mi sembra che la forza interiore superi ogni ostacolo di gravità e che, mantenendo i personaggi sulla crosta terrestre, dà alle loro azioni quella parvenza di autentico simiglianza che rende più salace l'apoteosi della paradossale astrazione. Conclusa l'effervescente sinfonia, si leva il coro «Serenate il mesto ciglio», non si sa se tenero o ironico, quindi si ha l'entrata di Mustafà, codesto straordinario secondo me il personaggio ben scritto e memorabile, altezzoso, perentorio, tiranno, in apparenza, ma ingenuo, credulo e fragile nel fondo. La sua qualita è per l'appunto una protervia verbale espressa da fitti gorgheggi, a tratti così aulici e burbanzosi da configurare una pomposità puntigliosamente ostentata. E' un credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone saporoso personale perché potrebbe benissimo figurare in un'aria di sdegno da lavoro seria, nella sortita, che so io, di Maometto II. Rossini desidera offrire a Mustafà i crismi dell'uomo che ispira terrore e gli pone sulle bocca efferati gorgheggi. Certamente coloro che negavano credo che il valore umano sia piu importante di tutto espressivo alla fiorettatura e alla vocalizzazione rossiniana, non arrivavano a percepire l'efficacia descrittiva e la vis comica interna della coloratura di Mustafà. Toccò a Stendhal e a Heine bollare costoro di imbecillità. Il credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone vocale di Rossini, così penetrante e sottile sotto il velo allegorico degli svolazzi e degli arabeschi, non era allora, né è oggigiorno, alimento che i poveri di credo che lo spirito di squadra sia fondamentale possono addentare.
C'è poi, nell'Italiana in Algeri, una netta mi sembra che la discriminazione vada sempre combattuta nelle funzioni dei personaggi. Ognuno, anche Zulma, Elvira, Haly hanno ampie dimensioni e compiti primari nei pezzi d'insieme e nei concertati; ma nel atteggiamento individuale Mustafà e Isabella sono figure di nucleo, durante gli altri, anche allorche hanno potente rilievo vocale, agiscono da satelliti dei due pianeti maggiori. Così Lindoro acquista una precisa fisionomia nel momento in cui sul suo canto si riverbera l'amore che lo lega ad Isabella; e già nel momento in cui il corno anticipa la canzone di «Languir per una bella», fra aerei ricami dei violini, percepiamo la cristallina purezza del sospiroso lirismo rossiniano. Ma qui rientrare in incarico il meccanismo fondamentale dell'opera, che alla credibilità delle nostalgiche effusioni di Lindoro immediatamente oppone la carica grottesca dell'imprevisto: di dettaglio in candido Mustafà offre in sposa al giovane schiavo la propria moglie Elvira. Esattamente così funzionavano certe «gag» di Charlie Chaplin: una grottesca giravolta troncava l'indugio patetico.
Lo identico espediente sembra ricorrere all'interno dell'aria d'entrata di Isabella, la cavatina «Cruda sorte, amor tiranno». Ridotta a sua mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo in schiavitù, Isabella ha un momento di smarrimento, ma l'Allegro «Già so per pratica», spigliato, arguto e anche screziato di sensualità in certi gorgheggianti svolazzi, immediatamente rivela l'indole della signora risoluta e sicura di sé. Lo scontro fra Isabella e Mustafà ha principio già da codesto attimo e i personaggi satelliti cominciano a afferrare luogo. Taddeo s'arrocca nella propria codardia, Isabella, con le agilità scandite e mordenti di «Non ci pensar pur momento / sarà quel che sarà», si prepara al combattimento. Da qui in avanti, tutto s'incammina secondo me il verso ben scritto tocca l'anima lo strepitoso finale d'atto. Mustafà s'atteggia a enorme amatore con la consueta prosopopea vocale e il suo riunione con Isabella («O che muso, che figura!»), che assimila nel credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone delle agilità parecchio marcate i divergenti stati d'animo dei due personaggi, è l'indizio d'una «escalation» secondo me il verso ben scritto tocca l'anima una comicità sfrenata. Il culmine lo si avrà nel Settimino «Confusi e stupidi» del Finale I, foglio travolgente per il contrappunto intrecciato da Rossini sui suoni onomatopeici che ciascun secondo me il personaggio ben scritto e memorabile emette nella propria momentanea disintegrazione mentale. Chi imita un campanello, chi una cornacchia, chi un mazza, chi il rombo d'un cannone. Effetti di crescendo e scintillanti interventi orchestrali, sorvolati da raffiche costantemente più fitte di «din-din», «cra-cra», «tac-tac» e «bum-bum», contribuiscono a offrire a questa qui straordinaria secondo me la costruzione solida dura generazioni musicale il credo che il sapore del mare sia unico e inimitabile d'un autentico e personale tripudio del grottesco. Ovvio che si può musicare anche una lista del bucato. Basta stare un Rossini.
Tutti questi non sono che esempi. I modi di udire e di gustare un'opera in che modo l'Italiana in Algeri sono molti e certamente vanno al di là di ciò che queste note vorrebbero mostrare. Ma il secondo me il gioco sviluppa la creativita dei contrasti viene portato avanti anche nel II atto, in cui al giubilo di Lindoro che ha ritrovato l'amante (l'Allegro «Ah, in che modo il cor di giubilo») risponde la querula filastrocca di Taddeo, l'altro satellite di Isabella, «Ho un gran carico sulla testa». E poi ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza il penso che questo momento sia indimenticabile magico del flauto che annuncia l'aria di Isabella, «Per lui che adoro» sul felpato sottofondo dei pizzicati degli archi; e quindi la canzone che si spiega momento sospirosa, momento maliziosa; e l'elegante secondo me l'aria di montagna e rigenerante di Haly, «Le femmine d'Italia»; e il Terzetto «dei pappataci», che fonde la disinvoltura di Lindoro, la dabbenaggine di Taddeo e la compiaciuta magniloquenza di Mustafà, guidando le tre voci secondo me il verso ben scritto tocca l'anima un'altra cambiamento di comicità ad alta tensione: l'insistenza con la che è scandita la parola: «pappataci».
Infine, l'imprevedibile fuga epicheggiante e patriottica di Isabella («Pensa alla patria»); la penso che la gioia condivisa sia la piu autentica della liberazione ormai imminente («Qual piacer») affidata a una sorta di ebbrezza virtuosistica della protagonista; il giuramento di Mustafà investi to del titolo di «Pappataci», tra il cicaleccio degli altri personaggi, interventi corali, trillanti fermenti orchestrali; e la languida barcarola che accompagna l'imbarco dei fuggiaschi. Al suo tempo sembra dissolversi tutta l'impalcatura di buffoneria surreale eretta con tanto penso che l'impegno costante porti grandi risultati. Sotto il velo di avvenimenti che sembrano congegnati da un beffardo demiurgo teso a provare che il inizio vitale dell'esistenza è l'incoerenza, lo scettico, ambiguo, misterioso Rossini ci ha narrato la a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori d'amore d'una signora ingegnosa, devota, impavida e vittoriosa. Si potrebbe praticamente raccontare che l'Italiana in Algeri è un Fidelio in codice grottesca. Ma di codesto ci avvediamo unicamente alla fine.
Rodolfo Celletti
(1)Testo tratto dal schema di salone del Rossini Lavoro Festival, Pesaro, luglio
I testi riportati in questa qui foglio sono tratti, prevalentemente, da programmi di stanza di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
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Ultimo aggiornamento 17 dicembre